Luciano Cannito racconta a Teatro.it cosa ha in serbo per il pubblico torinese, nella prima stagione dei teatri Alfieri e Gioiello
Coreografo e regista, Luciano Cannito dallo scorso autunno è anche direttore artistico dei teatri torinesi Alfieri e Gioiello, passati sotto la gestione dell’imprenditore romano Fabrizio Di Fiore, dopo 60 anni di attività della famiglia Mesturino, con la Compagnia Torino Spettacoli.
Nei mesi scorsi, ha già annunciato di voler creare a Torino un nuovo polo nazionale per la produzione di musical, e recentemente è stato nominato Presidente del Teatro Di Napoli.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
La curiosità sorge spontanea: dove trova il tempo per vivere la sua vita?
Si tratta di un ruolo di prestigio, ma con funzioni di controllo e di verifica, non decisionali, che quindi non sottraggono tempo al resto del mio lavoro e alla vita privata: anche se ammetto che il mio è un caso anomalo, perché avrei anche le competenze per fare il direttore artistico di un Teatro Nazionale, ma non è questo il caso.
Ha appena presentato al pubblico “L’infinito possibile”, ovvero le prime stagioni (complete) da quando ha assunto la direzione artistica dei teatri torinesi Alfieri e Gioiello. Perché questo titolo?
Ho pensato a questo titolo perché nella mia vita – e nella vita di tutti quelli che fanno teatro, credo – c’è questo desiderio di raggiungere dei risultati che non sono razionali. E l’infinito è qualcosa che l’umanità – che è finita – non riesce a immaginare. Con il teatro, invece, si riescono a vivere altre vite, si condividono le storie degli altri ed è possibile non avere limiti.
Cosa può trovare il pubblico in questi cartelloni?
Io penso che ognuno di noi sia inevitabilmente artista e operatore teatrale, ma anche pubblico e quindi un fruitore di teatro. Molto spesso, io mi rendo conto che il tipo di offerta che viene presentata al pubblico è relativa ai gusti personali di chi propone un cartellone. Allora ho pensato di offrire – nel rispetto delle proposte già esistenti sul territorio – spettacoli il più diversificati possibile, per intercettare i gusti di un pubblico più ampio e popolare, proprio perché il “pop” è la forma d’arte più diffusa al mondo.
Io ho cercato di offrire al pubblico torinese i musical di punta della prossima stagione teatrale, ma anche spettacoli che pochi teatri sono riusciti a inserire in cartellone: un esempio è Natale in casa Cupiello, nell’allestimento diretto e interpretato da Vincenzo Salemme.
Oltre al successo di pubblico, qual è il meccanismo alla base della scelta di riproporre in cartellone uno spettacolo già visto nella stagione precedente?
Ci sono spettacoli che meritano di essere riproposti, per dare la possibilità anche a chi non l’ha visto di fruirne: a questo serve la ripetizione di alcuni titoli. Prendo come esempio Mettici la mano, di Maurizio De Giovanni: è uno spettacolo particolarmente toccante, raffinato ed elegante, con una corrispondenza estetica, storica e linguistica che raramente si riscontra negli allestimenti. Il personaggio di Bambinella (interpretato dall’attore Adriano Falivene, ndr) non diventa mai folkloristico ed è esattamente vicino a un certo segmento della cultura e della società napoletana.
Fino a una quindicina di anni fa, si consideravano ancora lunghe teniture gli spettacoli prodotti durante il periodo natalizio: cosa sta cambiando?
Oggi il pubblico è tornato a frequentare il teatro con assiduità, ma stiamo notando che la forza delle cosiddette “lunghe teniture” è più fragile in alcuni giorni della settimana: non so se sia giusto o meno, ma il pubblico sta cominciando a frequentare il teatro dal giovedì alla domenica.
Se parliamo di spettacoli ospiti, la lunga tenitura è scomparsa in quasi tutti i teatri italiani: il discorso cambia per le produzioni, perché allora il teatro ha bisogno di ammortizzare i costi “in loco”; ma anche in questi casi, molto spesso le rappresentazioni realizzate nei primi due/tre giorni della settimana rischiano un incasso in perdita.
Trasformare Torino in un nuovo polo produttivo nazionale per il musical rientrava nei suoi progetti quando ha accettato la direzione artistica dei due teatri?
Il mio incontro con il patron Fabrizio Di Fiore è avvenuto non per assumere la gestione dei teatri, ma perché entrambi avevamo voglia di realizzare spettacoli: nel momento in cui ci è stato offerto di gestire due teatri, ci è sembrato naturale pensare alla produzione, quindi teatro + produzione = produciamo a Torino.
Credo anche che Torino abbia la base e il fermento culturale in grado di consentire tale operazione e io voglio contribuire a promuovere gli artisti del territorio.
Ringraziamo Luciano Cannito per la cortese disponibilità, rivolgendogli un enorme “in bocca al lupo” per le numerose sfide professionali che lo attendono nei prossimi mesi.